Fabbrica Treviso

Blog di Stefano Dall'Agata


1 Commento

WILD CARD FINALE (N. 3)

di Maria G. Di Rienzo

Ci siamo. Venerdì prossimo le mimose saranno circondate da luoghi comuni, sessismo, spogliarelli e stronzate. Cosa potete fare di alternativo al guardare da un’altra parte?
1. Scioperate. O almeno raggiungete cortei e presidi non appena potete. Come diceva Shirley Chisholm, prima donna afroamericana eletta al Congresso statunitense, “Se non vi danno un posto a tavola, portatevi dietro una sedia pieghevole.”
2. Sfogliate febbraio (come contesto più recente) e lasciate cadere qualche notizia sui discorsi odiosi e ignoranti.
* Palermo: Muratore di 54 anni uccide la moglie e due figli di 3 e 16 anni: “Sono un soldato di Dio. C’era il demonio dentro di loro”.
* Gallipoli: Da mesi perseguita l’ex compagna con scritte offensive, aggressioni in strada e atti di vandalismo. Nell’ultimo episodio ripreso dalle telecamere di videosorveglianza è travestito da fantasma.
* Roma: “Dov’è la cena? Non sai nemmeno fare la serva”. Operaio 52enne torna a casa e getta acqua bollente sulla moglie davanti ai figli. L’aveva già minacciata con un fucile.
* Genova: Già a processo per violenza sessuale con l’amico Ciro Grillo, il 24enne Francesco Corsiglia passa una serata in discoteca dove solleva il top a una studentessa in mezzo alla pista, lasciandola seminuda davanti a tutti i presenti. Il gip ha definito l’accaduto “di minore gravità” (certo, rispetto a un omicidio o a lesioni permanenti è “minore”, ma non meno indicativo del fatto che Corsiglia e i suoi simili pensano alle donne come a giocattoli di loro proprietà) e non sappiamo come procederà, nel frattempo “il giovane studia all’estero in una scuola di eccellenza nel settore alberghiero.”
* Catania: “Non sono stato io”: è la frase maggiormente ripetuta negli interrogatori di garanzia, davanti ai giudici per l’udienza preliminare, da parte dei sette fermati per la violenza di gruppo aggravata nei confronti di una 13enne, la sera del 30 gennaio scorso. (In realtà non ce n’è uno che possa chiamarsi fuori.)
* Crotone: Violenza sessuale aggravata sulla figlia di 12 anni, il primo abuso quando ne aveva 7. Ricostruiti almeno sei episodi che avvenivano in casa la sera quando la madre non c’era.
* Torino: Manifestazione degli studenti universitari davanti alla sede storica delle facoltà umanistiche di Palazzo Nuovo a Torino contro le molestie, con un presidio organizzato dal collettivo ‘Cambiare rotta’. Un docente del Dip. di Filosofia, indagato per molestie, è sospeso dal 1° marzo, mentre il docente di Medicina Legale è ai domiciliari per violenze sessuali.
3. Riconoscete le mistificazioni per quello che sono.
Non perdete tempo a spiegare e confutare, nulla di ciò che ricevete in questo contesto è stato pensato in buona fede e nulla di quel che dite sarà ascoltato. Se proprio volete rispondere, “Per favore, smetti di dire sciocchezze” è la frase più gentile che riesco a formulare.
La mistificazione più comune consiste nel buttare addosso a chi si batte contro la violenza sulle donne (in primis le femministe) affermazioni mai pronunciate e “fatti” mai avvenuti, con doveroso contorno di disprezzo. L’evergreen in tale contesto è qualcosa del tipo “Eh già, per te gli uomini sono tutti malvagi e le donne sono tutte sante…” No no no. Personalmente penso che donne come Hoara Borselli siano al medesimo livello dei troll di sesso maschile: per esempio, “(…) la narrazione mainstream femminarda (uomo sempre cattivo / donna sempre buona?)” che lei denuncia non esiste. Se l’è creata da sola per aggredire verbalmente le femministe e non ha neppure la decenza di chiamarle con il loro nome (narrazione “femminarda”?).
4. Cominciate a mettere in moto il mondo nuovo in cui volete vivere.

“Nulla su di noi senza di noi”. In altre parole, le prospettive e le voci delle donne devono guidare le decisioni che hanno impatto sulle loro vite. Troppo spesso le donne sono ridotte al silenzio, omesse dalla “versione ufficiale”, raccontate e definite da altri, inchiodate nella sagoma del “corpo-che-piace-al-maschio” e viste solo all’interno di essa. Un cambiamento durevole di tale situazione può essere creato solo collettivamente: il coraggio personale della singola che apertamente sfida le ingiustizie del patriarcato è magnifico e degno del massimo rispetto, ma il progresso e il successo finale dipendono dal sostegno e dalla solidarietà delle sue simili. Perciò: analizziamo in modo spassionato strutture e relazioni di potere; riconosciamo la base comune delle discriminazioni e delle violenze che si danno in diversi ambiti (ambientale, economico, politico, sociale) e costruiamo alleanze; condividiamo informazioni e risorse; facilitiamo ovunque la partecipazione delle donne; costruiamo iniziative basate su ciò che le donne sanno e vogliono; visualizziamo un mondo basato su libertà, eguaglianza e giustizia… e passiamo la linea tenendoci per mano.


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WILD CARD N.2 – Verso l’8 marzo

di Maria G. Di Rienzo

Sapete qualcosa di psicologia sociale? E’ la branca della psicologia che si occupa di comprendere e spiegare come pensieri, convinzioni, sentimenti e comportamenti degli individui siano influenzati dall’ambiente sociale in cui si manifestano, ovvero dalla presenza effettiva, immaginata o implicita di altre persone. La psicologia sociale riconosce le differenti maniere in cui noi esseri umani pensiamo: a volte processiamo le informazioni consciamente, ragionando e analizzando (Sistema 1); a volte ci basiamo su giudizi affrettati, reazioni emotive, abitudini e istinto (Sistema 2).
Chi intende persuaderci può appellarsi al Sistema 1: ci darà dati di fatto, prospettive future, pareri, statistiche, strumenti di valutazione, testimonianze. Oppure, appellandosi al Sistema 2, può cercare di farci “sentire” in un modo specifico sull’argomento in questione e lo accoppierà a tutta una serie di istanze che non c’entrano un fico secco ma suscitano responso emotivo (sesso, violenza fisica / verbale, temi volgari, osceni, scatologici, eccetera). Questa seconda opzione ha alte probabilità di manifestarsi sui vostri social attorno all’8 marzo e sono sicura che la riconoscete per esperienza.
Primo esempio, recenti elezioni regionali Sardegna: “Il candidato che per farsi notare si accompagna a belle donne.” (titolo giornalistico) Pietro Pinna, della lista “Democrazia cristiana” (centro-destra) entra nei dettagli della sua campagna elettorale: “Se ti presenti da solo sei un cane bastonato, con queste sei amiche molto belle invece… Due in minigonna, due in pantaloni di pelle e stivali, due leopardate con camicie aperte che fanno un bel vedere. Ho fatto un incontro dove penso proprio che qualcuno è tornato a casa e ha messo incinta la moglie.” E’ un sollievo, per me, sapere che non è stato eletto. Tuttavia, com’era prevedibile, non ha capito le reazioni negative alla sua uscita, continuerà a rubricarla come “goliardata” e continuerà a trattare le donne come cartelloni pubblicitari. Potreste dirmi che questo è un soggetto da Bar Sport e pertanto non preoccupante – sorry, sono del parere che qualsiasi cosa alimenti misoginia, oggettivazione e discriminazione debba preoccuparci – e allora guardate se l’esempio n. 2 vi fa suonare un campanello.
I virgolettati sono sempre tratti dai quotidiani: “Le frasi choc sessiste degli psicologi (maschi) durante l’incontro con gli studenti di Padova.” “Incontro promosso dalla consulta degli studenti di Padova, che attualmente è presieduta da Azione Studentesca (il gruppo giovanile di Fratelli D’Italia), con circa 130 classi collegate via Zoom.” I due luminari erano Luca Sammicheli e Marco Inghilleri. “Il primo è professore a contratto del Dipartimento di Psicologia all’Università di Bologna, mentre l’altro psicologo, psicoterapeuta e sessuologo, direttore del Centro di Psicologia giuridica, Sessuologia clinica e Psicoterapia di Padova e vicepresidente della Società Italiana di Sessuologia ed educazione sessuale.”
Dall’alto delle loro cattedre e cariche sono volate una serie di stupidaggini galattiche: “C’è una latitanza da parte del femminile nell’assumersi cariche pubbliche e politiche tanto che si parla di quote rosa, come se il femminile fosse una specie di panda da proteggere con il Wwf”; “L’educazione sessuale obbligatoria a scuola non si può fare su larga scala, diventa una sorta di campo di rieducazione maoista”; “Bisogna parlare di violenza in generale, e non di genere, perché anche le ragazzine si picchiano tra di loro”. Differenza dal chit-chat da Bar Sport? Purtroppo no.

Ehilà, amiche panda: voi ricordate che siamo state BANDITE per secoli dall’assumere cariche pubbliche, dal voto, dalle università, da una serie di professioni e dalle biblioteche? Conoscete le restrizioni che ancora persistono in diversi Paesi del pianeta? Avete mai discusso del cosiddetto “soffitto di vetro”? Pensate che i due esimi si siano imbattuti nelle notizie in cui mi imbatto io? Tipo questa del 7 febbraio u.s. : Operaia denuncia abusi, cacciata: “Le mie colleghe tacciono ma sono ancora vittime” “«Angela fatti toccare, se no non ti fa lavorare». «Fa così con tutte. Lascialo fare, poi la smetterà e se la prenderà con un’altra. Se ti ribelli, non ti rinnovano il contratto»”
O questa, del successivo 13 febbraio: “Minacce, mobbing, intimidazioni, ma anche volgarità sessiste nei confronti delle lavoratrici: un clima irrespirabile quello del Teatro di Roma secondo le accuse delle maestranze della Fondazione capitolina finite sulle pagine dei giornali.” Credete che nei Parlamenti o nei CDA non giri mai la stessa aria puzzolente (per non parlare della fabbrica o dell’ufficio in cui lavorate voi)?
E che ne facciamo della cronaca che ci rimanda ogni giorno femminicidi, stupri, pestaggi di donne, ragazze, bambine? Cancelliamo tutto e parliamo di “violenza in generale”? Dovremmo mandare la pregiata ditta Sammicheli & Inghilleri ad informare una serie di istituzioni che ancora non lo sanno e ci infastidiscono con tutti questi dati (2022-2023):

  • L’82% delle parlamentari ha riportato di aver fatto esperienza di diverse forme di violenza psicologica mentre era in carica. Battute, gesti, immagini di natura sessista o umiliante, minacce (di morte, di stupro, di rapimento, di assalto) e mobbing.
  • Globalmente, sono stimate in 736 milioni – circa una su tre – le donne che hanno subito violenza fisica e/o sessuale da parte del partner e non, almeno una volta nella vita. La cifra non include le molestie sessuali.
  • La maggior parte della violenza contro le donne è perpetrata dall’attuale o precedente marito o partner. Più di 640 milioni di donne ne sono state soggette, il che corrisponde al 26% delle donne dai 15 anni in su.
  • Di media, cinque donne o ragazze sono uccise ogni ora da membri delle loro famiglie. Mentre il 55% dei femminicidi sono commessi da partner intimi o familiari, solo il 12% degli omicidi di uomini sono commessi all’interno della sfera privata.
  • Una donna su 10, nell’Unione Europea, ha sperimentato molestie su internet sin dal 15° anno di età. Le molestie includono il ricevimento di messaggi indesiderati e sessualmente espliciti e gli approcci offensivi e inappropriati sui social.
    Allora: Agenzia Europea per i Diritti Fondamentali, Nazioni Unite (varie Agenzie e Uffici), Unicef, Unesco, Istituto Europeo per l’Eguaglianza di Genere, Organizzazione Mondiale per la Sanità – e persino Banca Mondiale – eccetera eccetera mandano in giro queste notizie senza sapere che le ragazzine si picchiano tra di loro e che se introduciamo l’educazione sessuale nelle scuole gli studenti ambosessi diventano maoisti.
    D’altronde, sull’ultimo punto forse per il momento è meglio lasciar stare: con il governo in carica, che assume che il maschio sia la norma (il sig. Presidente del Consiglio Giorgia), i “docenti” andrebbero solo a rinforzare la percezione che i tratti stereotipati degli uomini siano di più alto valore, che i maschi siano lo standard di eccellenza a cui conformarsi (pertanto, più ragazzine si picchieranno per essere “forti” come i loro coetanei bulletti) e che tutto quel che accade alle donne è colpa / responsabilità loro. Be’, non lo aveva detto anche quel genio di Amadeus a Sanremo? “Dipende da voi”. Col piffero, bro. Tenere le mani in tasca dipende da te.


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WILD CARD N.1

di Maria G. Di Rienzo, 23.2.2024

Lo so. Mancano una quindicina di giorni e le aspettative nei miei confronti prevedono l’ennesimo pezzo sull’8 marzo, con la storia della ricorrenza e il suo significato. Ma sapete una cosa? Ho appena calcolato che sarebbe probabilmente la trentesima volta. Mi sento un po’ stanca e non desidero stancare chi mi legge. Quest’anno, ho deciso, faccio qualcosa di leggermente diverso: sino alla data fatidica vi regalerò una serie di “wild cards” che potrete usare nelle vostre conversazioni relative al Giorno Internazionale della Donna perché l’esperienza insegna che, lo vogliate o meno, sui vostri social fioccheranno idiozie, odio, falsità, rancore ecc. e cioè il concime della violenza contro le donne.

Quel che manca invariabilmente nelle analisi relative a quest’ultima è il riconoscimento della dimensione sociale della violenza, in primo luogo di come le sue narrazioni le conferiscano “normalità” e “legittimità”. I media hanno una pesante responsabilità in merito, ma anche tutti gli strumenti per rendere un miglior servizio all’opinione pubblica e al loro stesso mestiere: purtroppo in maggioranza non lo sanno o fanno finta di non saperlo. Solo per citare due esempi la Federazione Internazionale dei Giornalisti (IFJ) e l’associazione Giornalisti contro la violenza diretta alle donne (JAVAW) hanno redatto da tempo, in merito, una serie di linee guida per i professionisti dell’informazione.

Nel primo documento si legge: “Punto 1 – Identificate accuratamente la violenza contro le donne tramite la sua definizione, accettata a livello internazionale, contenuta nella Dichiarazione delle NU “Eliminazione della violenza contro le Donne” del 1993.”

Traduzione per i giornalisti nostrani: informatevi sulla materia che state trattando. La vostra opinione sulla violenza contro le donne è altra cosa e può contenere stereotipi, errori di valutazione, superficialità come pure discriminazione o disprezzo. Non c’è problema, se siete disposti ad imparare e a metterla in discussione. Uno degli errori più comuni è la pioggia di giustificazioni arbitrarie fornite all’assassino / assalitore (depresso, triste, non accettava la separazione, da tutti definito bravo ragazzo, i vicini assicurano che salutava sempre… insomma, che avrà fatto lei per ridurlo così? E la responsabilità si sposta da chi ha usato violenza a chi l’ha subita).

L’attenzione fornita ai violenti è quasi sempre minuziosa e in qualche modo persino affettuosa. Non accade lo stesso alle vittime. Guardate qua.

E’ il 14 febbraio e lo stesso giornale dedica due “profili” a un fatto di cronaca (due donne uccise).

1) “Chi è Cristian Sodano, autore del doppio femminicidio di Cisterna di Latina. – I tatuaggi, le sere a Ostia con i colleghi, e l’ultima notte passata a casa della ex.”

(Nda: Prima della congiunzione “e” niente virgole, grazie)

2) “Nicoletta Zomparelli e Renée Amato, chi sono la madre e la figlia vittime di femminicidio a Cisterna di Latina. – La 49enne era molto conosciuta in città e lavorava nell’agenzia immobiliare di famiglia. La 19enne era appassionata di danza, come la sorella Desyrée.”

Il primo pezzo ha una quantità di informazioni impressionante sul sig. Sodano: dov’è cresciuto, scuole, tennis, concorso per finanziere, nelle Fiamme Gialle comandava un gommone, era taciturno, ha perso i genitori nel 2013 e nel 2020, i lutti lo avevano reso cupo, il suo corpo si era riempito di tatuaggi a causa di tale cupezza (ma come fa il “giornalista” a saperlo?), qualche serata ad Ostia con i colleghi (prego?), descritto “da chi lo conosce bene” (?)come latin lover, era possessivo e “gradiva poco” quel che l’ex fidanzata faceva senza di lui, ha sparato “al culmine di una lite”… Non resterebbe che chiosare “POVERINOOOO!”. L’Autore del pezzo si astiene, lo farà per lui una gran parte dei suoi lettori.

Il secondo articolo, del medesimo Autore, non mantiene quel che promette. Sulla madre e sulla sorella dell’ex fidanzata di Sodano noi leggiamo in pratica solo quel che sta già scritto nell’occhiello. Aggiungete che Nicoletta aveva un compagno, abitava in una villetta, era amica di una vittima di violenza (Antonietta Gargiulo, sopravvissuta al tentato omicidio da parte del marito – poi suicida – che però uccise le loro due figlie bambine). Su Desirée e Renée Amato, l’ex fidanzata e la sorella uccisa, niente. Niente serate con le amiche a Ostia, scuole, hobbies, preferenze, umori. Si reitera che amavano la danza. Ok.

Nella narrazione suddetta queste tre donne esistono esclusivamente in funzione di Sodano, il soggetto principale. Sono senza spessore, figurine, destinate a soccombere non alla sua violenza omicida ma, secondo l’Autore dei due pezzi, ai “demoni” che prendono il sopravvento su di lui. Tesi ribadita: l’assassino non è responsabile, la pistola ha sparato da sola o, più esattamente, l’ha manovrata Belzebù.

Il danno principale operato da resoconti simili è rendere la violenza accettabile e priva di contesto che non penalizzi chi ne è vittima, quindi più facile da perpetrare. Perciò, egregio Autore, se lei per caso fortuito leggerà le mie quattro righe, questo è quanto:

“A media report must not contain information that could justify an act of violence by external circumstances or the perpetrator’s personal characteristics.” (Guidelines on media reporting on violence against women – JAVAW)

Un resoconto sui media non deve contenere informazioni che potrebbero giustificare un atto di violenza con circostanze esterne o caratteristiche personali del perpetratore.

“Don’t offer excuse for violent behaviour.” (EVAS – Violence Against Women Responsibile Reporting Guidelines for Journalists)

Non offrite scuse al comportamento violento.

“Treat the survivor with respect.” (IFJ – Guidelines for Reporting on Violence Against Women)

Trattate chi sopravvive con rispetto.


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Tortura con sconto

di Maria G. Di Rienzo

La pelle che si fa più soda. La cellulite che piano piano scompare. Le rughe che si spianano riportando le lancette indietro di qualche anno. Le labbra che si riempiono di un nuovo turgore. O le chiome che si fanno più folte, facendo rivivere il brivido del vento tra i capelli a chi lo ha dimenticato e il sorriso smagliante degno del nuovo film su Barbie.

Con questo inno alla futilità che cerca di rendere il marketing poesia – va da sé che fallisca nell’intento – si apre un articolo di Repubblica del 25 luglio 2023 dal titolo: “Il regalo della Regione Lazio ai dipendenti: lifting e botox con lo sconto nella clinica di Ilary Blasi e Belen Rodriguez”.

Io non so se l’autrice stesse ironizzando (lo spero, ma di questi tempi veramente poco); non so nemmeno se si renda conto, qualora creda alla cascata di scemenze che ha riversato sui lettori, di scrivere per un quotidiano che si spaccia per innovativo e progressista (La Repubblica delle Idee, perbacco!)… perché se a firmarla fosse stata la Ministra dell’Effimero e dell’Ignoranza o un Sottosegretario alla Volgarità e al Sessismo non ci avrei trovato nulla di strano. Così invece mi girano un po’ le trottole.

Ma che notizia equa e solidale, comunque: pensate che “La nuova convenzione, in vigore con una delle strutture più di moda a Roma per gli interventi estetici, prevede uno sconto del 20% per il personale della Pisana”. Di nuovo, se a fare la convenzione fosse stata la privata “Fondazione Sempre Merda sulle Donne che non somigliano a Barbie” sarebbe rimasta un’iniziativa beota foraggiatrice della violenza di genere, ma i soldi coinvolti non sarebbero stati quelli della cittadinanza. La Regione, o Repubblica delle Idee Fenomenali ma un po’ vecchiotte e patriarcali, è un Ente Pubblico, non la succursale di Miss Italia. E se, per esempio, vuole fare qualcosa di buono per i suoi dipendenti, stipuli accordi per sconti sulle cure odontoiatriche e oculistiche: che attualmente, in Italia, fanno volar via stipendi come un uragano 5 sulla scala Saffir-Simpson. Oppure fornisca servizi alle lavoratrici madri. O, se proprio non riesce a mettere creativo buonsenso in una delibera, si limiti ad aumentare i salari.

In finale: 1) le lancette del tempo non vanno all’indietro, meno che mai facendosi iniettare una proteina neurotossica che ad oggi è la peggiore si conosca (tossina botulinica, nome commerciale BOTOX) o martoriando un corpo umano con silicone e altra cacca sintetica; 2) la clinica di Blasi e Rodriguez??? Ma di cosa avranno avuto bisogno queste due bellissime (non per me, i gusti sono gusti) Barbie? Non erano così al naturale?


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PERCHÉ VI AMO

di Maria G. Di Rienzo

Ieri ho improvvisamente desiderato di ubriacarmi, di stordirmi sino all’ottundimento dei sensi, di diventare incapace di riflettere e di provare sentimenti almeno per qualche ora. Perché ieri, 12 luglio 2023, questa notizia ha fatto traboccare il vaso: “Firenze, sesso e video con due dodicenni alla festa di Capodanno: 24 indagati (…) per sei l’accusa è violenza sessuale, per altri 18 di divulgazione di materiale pedo-pornografico.” I 24 sono tutti minorenni. Le dodicenni, ovviamente, sono femmine.

Cercate di capirmi: ogni giorno che il Fato (o la Divinità di vs. scelta) manda in Terra, io leggo i giornali. Leggo tutto quel che posso in ogni lingua che bazzico. Varie testate italiane, l’Ansa, The Guardian, The New York Times, El País e persino il Joongang Daily. Limitiamoci all’Italia: perseguitata dalla maledizione che è la voglia di sapere in che Paese vivo, confronto e scandaglio notizie – e l’amara verità è che non riesco a sfuggire alla cronaca della violenza contro le donne. Come detto, ogni singolo italico giorno: se non è un femminicidio è uno stupro, se non è uno stupro è un pestaggio, se non è un pestaggio è uno stalking, se non è uno stalking è body shaming, se non è body shaming è revenge porn, se non è revenge porn… eccetera (potrei tradurvi tutti i termini inglesi, ma preferisco far dispetto a Valditara).

Le ciliegine puzzolenti su una torta che è già di sterco sono gli articoli / le interviste / i commentari prodotti in relazione a questa valanga di violenza. Si va dai consueti “consigli” imbecilli dati a posteriori alle vittime – non si esce vestite così, non si va all’appuntamento con l’ex e comunque denunciate, denunciate! – agli altrettanto consueti ammiccamenti ai perpetratori (provocati, stressati, depressi, vittimizzati dal femminismo), con punte di diamante quali sono stati i recenti “suggerimenti” sul silenzio dovuto dalla politica e dalla stampa ai poveri notissimi padri di due presunti stupratori.

Non ne usciamo. Non c’è un cane che voglia affrontare le radici della violenza di genere e proporre azioni tese alla loro rimozione. Forse l’unica cagna rimasta sono io. E va bau, comincio con un esempio.

La Ministra Roccella ci ha reso edotti della squisita sensibilità e delle geniale creatività di Babbo La Russa, il quale in passato – prima del casus Apache, suppongo – avrebbe proposto una manifestazione di uomini contro la violenza diretta alle donne (ne sono state organizzate e sono organizzate tuttora, in svariati paesi europei e non, da decenni).

Si tratta dello stesso Babbo La Russa che per anni ha compilato le liste delle deputate più gnocche e meglio vestite (si chiama oggettivazione ed è una delle radici di cui sopra); si tratta dello stesso personaggio che si è lamentato di recente in TV della scarsità di donne politiche “belle” (come sopra, con l’aggiunta dello svergognamento relativo ai corpi che non gli piacciono); si tratta dello stesso personaggio che gira per Roma con una tizia vestita come se fosse appena uscita da un kinky party (festino a contenuto sessuale esplicito, bizzarro ed eccentrico) o dovesse portarci l’Ignazio, alta circa due metri (ma 50 cm. sono di tacchi), che ha il grave compito ufficiale di reggergli il / un telefonino.

Non voglio tirarla in lungo, ma cosa diavolo ne sa La Russa di contrasto alla violenza di genere e cosa può aver insegnato ai figli in proposito? Cosa ne sanno Grillo o Salvini che hanno tirato spazzatura sessista su Laura Boldrini (e non solo) per anni??? Vado oltre: cosa ne sa Chiara Ferragni, che non crea nulla, non produce nulla, contribuisce solo a far vendere roba altrui tramite quella che, in sociologia, si chiama “femminilità enfatizzata” piazzata sulle merci come marchio attira-click. Tu puoi pensarti libera quanto vuoi, ma la terminologia suddetta è sinonimo di un carico di catene e palle ai piedi. Le sue norme incoraggiano le donne a soddisfare gli appetiti sessuali degli uomini e il loro desiderio di dominio e controllo. Legittimizza la gerarchia di genere e nutre varie forme di oppressione.

Se come donna invece che “pensarti” libera (nella tua cameretta, di notte, quando nessuno ti vede) agisci come libera, allontanandoti di un solo passo dalle nozioni culturali stereotipate della femminilità enfatizzata, esibendo sfida o semplice autorevolezza, moltissimi uomini – probabilmente la maggioranza – si sentono oltraggiati, minacciati, arrabbiati. Non gli si rizza il piffero, è uno scandalo! E tu diventi di punto in bianco socialmente indesiderabile, una stronza, una fica di legno, una lesbicona, una cozza, una schifosa – lurida – cicciona/tavola piatta senza culo – che – deve – morire – subito.

Cominciate a contare? Oggettivazione, body shaming, femminilità come serie di norme imposte, IPERSESSUALIZZAZIONE. Se non susciti ardenti e sguaiati pensieri nel fratelli di turno, ragazza mia, non vali un fico secco.

Giacché i media sparano questa cacca a tutto volume, 24 ore su 24 e senza che un pensiero critico riesca a infilarsi in migliaia di commenti / post / video strombazzanti l’unico concetto per cui una femmina umana è “un giocattolo sessuale che aspetta di essere usato dal valente maschio di turno” (tutti i maschi sono valenti, in questa narrazione), donne, ragazze e persino bambine interiorizzano l’idea che l’unica cosa di valore in loro possesso sono i loro corpi: beninteso, se tali corpi corrispondono agli standard sociali richiesti. Altrimenti, c’è la tavola della sala operatoria (dove invece di risvegliarti stragnocca più spesso muori o resti disabile / sfregiata), le accoglienti rotaie della ferrovia o il volo dal quinto piano. Certo, c’è anche una vita in cui tre quarti della gente in cui ti imbatti (nota, imparentata o sconosciuta) ti sputa in faccia sentendosi legittimata dall’ambaradan sociale sopra descritto: trascini questa tua vita fin che puoi, perché NON RIESCI A SENTIRE UNA SINGOLA VOCE che dice qualcosa d’altro.

Le bambine italiane, nel 2023, studiano su testi che contengono le seguenti frasi: “Tizia è troppo grassa per mettersi la minigonna”; “Caia è bruttissima e nessun ragazzo la guarda, mentre sua sorella Sempronia sembra un angelo”; “Mamma cucina e lava i piatti, papà lavora in ufficio”. Vedono in TV una donna a capo di un governo che si fa chiamare IL PRESIDENTE, vedono una ministra che dichiara di detestare le declinazioni al femminile e presenta l’Italia come un prodotto da vendere tramite l’influencer-gnocca (la povera Venere di Botticelli è stata persino “smagrita” per rispondere allo scopo)… cosa ci aspettiamo che facciano? E’ così strano se cercano di adeguarsi, inghiottendo oceani di infelicità e disistima, con balletti e cosmetici e diete del menga, soprattutto nel momento delle loro esistenze in cui la validazione del gruppo di pari riveste una notevole importanza?

Ma io ho qualcosa da dire alle bambine / ragazze / donne italiane: per amor di voi stesse, nei modi e nei tempi da voi decisi, su Tik Tok o su YouTube o sui vostri profili social, a scuola, a casa, all’oratorio, al bar, al lavoro… RIBELLATEVI. E’ l’unico sistema per creare un ambiente nuovo, accogliente, giusto, amichevole, ispirato che contrasti la violenza di genere. Invece di imitare la star di turno, inventate performance su ciò che siete realmente, su ciò che sperate e desiderate, sui vostri talenti, sulla necessità di essere libere dalla violenza. Vi chiamo alla rivolta non perché pensi di essere la pasionaria inviatavi dal destino, ma perché sono convinta che ognuna di voi ha valore: che sia bionda, bruna, alta, bassa, gigante, nana, magra, formosa, ben piantata, muscolosa, in carrozzella… qualunque vostra caratteristica fisica è un dato che vi contraddistingue, non un compito che altri devono valutare. Vi chiamo alla rivolta perché vi amo.

Maria G. Di Rienzo

P.S. E poi, ieri mi sono ubriacata? No, ho corretto il caffè con la sambuca e mi sono asciugata gli occhi.


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Sit in Aeroporto Canova

Martedì 2 maggio sono stato all’iniziativa di Europa Verde per chiedere la riduzione dell’impatto dell’Aeroporto Canova.


Questo il comunicato di presentazione dell’Iniziativa:

La collocazione dell’Aeroporto di Treviso presenta palesi problemi di compatibilità coi centri abitati dei Comuni di Quinto di Treviso e del capoluogo Treviso, che come il Parco del Sile sono in forte prossimità allo stesso. L’impatto dell’inquinamento atmosferico prodotto dai velivoli va a gravare su una situazione che è già critica e unito all’inquinamento acustico rappresenta un significativo fattore di rischio per la salute della popolazione.

La decisione del Ministero dell’Ambiente di concedere a SAVE l’ampliamento di traffico richiesto oltre al limite massimo precedente di 16.300 voli ci trova in forte disaccordo e ha dato dimostrazione di una grave carenza di interesse per la salute pubblica da parte di organi dello Stato che dovrebbero invece tutelarla.

Ribadiamo che la scelta di ampliamento della capacità dei voli dell’Aeroporto reca un danno evidente alla qualità della vita dei cittadini di Treviso e di Quinto; proprio per questo noi di Europa Verde-Verdi Treviso auspichiamo si possa ridiscutere la questione dell’Aeroporto di Treviso ragionando sulla razionalizzazione del sistema aeroportuale del Nordest e valutando l’eventuale utilizzo (anche in modo sostitutivo) dell’Aeroporto di Istrana.

Riteniamo che l’aumento dei già elevati livelli di traffico del Canova, con arrivi che mirano principalmente al centro storico di Venezia, sia in contraddizione con la limitata capacità di accoglienza della città lagunare e assolutamente non sostenibile rispetto alle sue caratteristiche peculiari.

Ma il Gestore non è il solo responsabile di quanto accade, pur essendo il principale. Shakespeare scriveva “c’è del marcio in Danimarca”, magari in Regione Veneto questo marcio non c’è, ma responsabilità pesanti fatte di Atti e di dichiarazioni pubbliche sono innegabili, e in questa commedia giocata sulle teste dei cittadini, il Presidente Zaia e il suo partito ne risultano essere gli attori principali.

Del Sindaco Mario Conte inoltre non ricordiamo un singolo Atto significativo volto a mitigare l’impatto dell’Aeroporto, un impatto che va a gravare anche sul Parco Regionale del fiume Sile, il più lungo fiume di risorgiva d’Italia, che nonostante il disturbo antropico, mantiene discreti livelli di naturalità e specie di fauna e flora uniche, un patrimonio che dobbiamo assolutamente tutelare attraverso una gestione realmente sostenibile dell’area!


Stefano Dall’Agata – Candidato Europa Verde Treviso

Isabella Scortegagna e Luca Saccone – Co-portavoce Circolo Grande Treviso Green di Europa Verde Verdi e candidati Europa Verde Treviso

L’articolo di Mauro Favaro su Il Gazzettino:


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Candidato alle Elezioni Comunali Treviso 2023

Sono ufficialmente candidato al Consiglio Comunale di Treviso nella Lista di Europa Verde – Verdi, per Giorgio De Nardi Sindaco.
Ringrazio Luca Saccone e Isabella Scortegagna per avermi proposto la candidatura.
Nella campagna elettorale porterò coerentemente lo spirito con cui ho sempre lottato per un ambiente vivibile per tutte e per tutti, per una Città senza discriminazioni, per la Giustizia Sociale.
La Lista è composta da persone che portano competenze varie e diffuse, da persone più giovani con la loro creatività e freschezza, a “veterani” come me, e dove credo che la mia esperienza possa essere un valore aggiunto.


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8 marzo 2023

di Maria G. Di Rienzo

Giorno internazionale della donatrice di ovociti. Non viene bene, “donatrice” è sostantivo femminile.
Giorno internazionale della persona con utero / con ovaie. Eh no, discrimina chi è senza utero o ovaie.
Giorno internazionale dell’individuo mammifero di tipo B (il tipo A è ovviamente un uomo). Uhm, no, è binario.
Giorno internazionale del qualcosa “tratto da una costola”. Bocciato, sembra di essere in macelleria o al ristorante.
Ehilà, salve, volevo parlarvi dell’8 marzo:

  • bisognerebbe abolirlo;
  • non si capisce che cazzo ci sia da festeggiare;
  • è una noia;
  • le mimose puzzano;
  • è un abuso nei confronti degli uomini;
  • gli uomini non hanno un giorno internazionale, vergogna! (1);
  • è roba cis terf binary nazifem… eccetera.
    Chi sono io? Sono un* “they” (“essi”, ahinoi, è maschile plurale), ho una gentleman pussy (che è l’equivalente del lady penis) e la mia fluidità non sopporta etichette… però si può dire che quando mi sveglio la mattina sentendomi – e quindi essendo a pieno diritto – un uomo mi piacciono gli uomini. La tragedia è che i gay sono escludenti e mi respingono.
    I club per soli uomini non mi fanno entrare. Mi piscio sulle scarpe usando gli orinatoi nei bagni che hanno l’ometto sulla porta. Posizionateli più in basso, ‘sti cessi, basta discriminazioni!
    Che c’entra con l’8 marzo? Niente. Solo mi irrita che si parli di persone usando il termine “donne” e che ci sia una cazzo di ricorrenza a loro nome ogni 365 giorni (non è un po’ troppo?). In questo singolo giorno, tra l’altro, l’attenzione nei miei confronti sembra diminuire.
    Momento! L’8 marzo potrei svegliarmi la mattina sentendomi… dio, com’è difficile, orribile, disgustoso… donna. Dopotutto i fobici che non mi accettano non sono in grado di distinguere una gentleman pussy da una pussy cis terf binary nazifem. Sì, lo so, sono un genio!
    §§§
    Il Giorno Internazionale della Donna fu istituito dalle Nazioni Unite nel 1975, come data in cui misurare e celebrare globalmente i traguardi raggiunti dalle donne in campo sociale, economico, culturale e politico.
    L’idea era stata suggerita nel 1910, durante la Conferenza Internazionale delle Lavoratrici a Copenaghen, da Clara Zetkin (comunista e attivista per i diritti delle donne). Le 100 delegate, provenienti da 17 diversi Paesi, votarono a favore all’unanimità.
    Nel 2022 l’Italia si è collocata al 63° posto sui 146 Paesi presi in esame dal World Economic Forum per stilare il “Global Gender Gap Index”: questo lavoro misura annualmente la diseguaglianza di genere che vede le donne svantaggiate in termini di partecipazione economica e politica, salute e livello di istruzione. L’Italia conserva la stessa posizione del 2021, dopo Uganda (61° posto) e Zambia (62°). A livello di Europa, l’Italia è 25esima su 35 Paesi.
    L’8 marzo servirebbe, in teoria, a chiedersi perché.
    Sugli autoginefili (2) tristi piangiamo il resto dell’anno, ok?
    Maria G. Di Rienzo

(1) Invece c’è. E’ il 19 novembre, non stabilito dalle NU ma celebrato ufficialmente in circa 80 nazioni.
(2) Niente contro costoro: se si eccitano e si appagano pensando di essere donne non è affar mio. Se pensano che essere donne consista semplicemente di un assemblaggio di parrucche, cosmetici, borsette e tacchi mi permetto di dissentire. Quando si spacciano per “trans” o addirittura “lesbiche” non posso accettare le loro menzogne.


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Lettera aperta al Forum delle Associazioni Familiari del Veneto

Ho scritto una lettera aperta al Presidente Adriano Bordignon del Forum delle Associazioni Familiari del Veneto

Gentile Adriano Bordignon, alcuni punti sono già presenti nel nostro programma, ad esempio:

“Fornire interventi di sostegno selettivi solo per i più bisognosi, come il bonus per famiglie, e sostenere il reddito delle famiglie senza incentivare i consumi energetici.

(…)

Nella transizione, legislativa e contrattuale, che muta l’organizzazione sociale, va riconosciuto il lavoro gratuito di cura nelle case e nelle famiglie, che i dati evidenziano erogato prevalentemente dalle donne.”

Sulla questione bollette ovviamente riconosco il problema, aggiungerei un’ulteriore riflessione:

il costo delle bollette non grava nello stesso modo sulle famiglie a reddito basso e medio basso rispetto a quelle a reddito più alto, inoltre dipende dall’efficienza energetica della casa, dalla presenza o meno di solare termico e fotovoltaico; inoltre pare che non sarà una situazione passeggera ed emergenziale come è/e stata l’epidemia Covid.

Si tratta probabilmente di una situazione che vede un aumento strutturale dell’inflazione, e gli aiuti dello Stato, pur doverosi, rischiano di essere insufficienti.

A nostro parere c’è bisogno di agire sui salari aumentandoli, con un salario minimo per evitare situazioni di sfruttamento legalizzato, collegato all’inflazione con un meccanismo di “scala mobile”. Inoltre va continuata l’azione per l’efficienza energetica degli edifici per garantire a tutte e a tutti una casa sana, che possa essere scaldata d’inverno e magari rinfrescata d’estate con una bassa spesa energetica.

Concordo che la questione della bassa natalità ha anche effetti economici, e penso che azioni in favore della possibilità di avere figli potendo garantire a loro almeno le stesse opportunità delle generazioni precedenti vadano considerate non un costo, ma un investimento nel futuro.

Aggiungerei inoltre che il nostro Paese ha un grosso problema di fiducia nel futuro, con le nostre giovani e i nostri giovani che spesso pensano solo a come andarsene; questo è responsabilità senza dubbio anche di una parte della politica, che pensa agli interessi dei pochi soliti noti, e poi forse fa un po’ di vittimismo demagogico sui poveri anziani e e le povere famiglie, tra un pranzo e l’altro nei migliori ristoranti.

Noi, con le nostre forze, forse piccole, e con i nostri ideali, sicuramente grandi, cerchiamo di invertire questa tendenza e dare un futuro di speranza a questo Paese, anche scontrandoci duramente con gli apostoli dell’odio, farisei che sventolano il Vangelo, avendolo forse letto, ma sicuramente non avendolo capito (o non avendolo voluto capire…).

Stefano Dall’Agata

Candidato al Senato – #AlleanzaVerdiSinistra


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Crimini contro l’ambiente. Luci ed ombre sul Rapporto Onu

Cristina Guarda, consigliera di Europa Verde della Regione Veneto e Stefano Dall’Agata, candidato al Senato per l’Alleanza Verdi Sinistra sono intervenuti sul Rapporto A/HRC/51/35/Add.2 sui cosiddetti “Crimini ambientali” che sarà presentato ufficialmente all’Human Rights Council dell’Onu il 20 settembre 2022

“Se da un lato viene evidenziato che il Rappresentante speciale accoglie l’adozione della legge 68 del 2015, che ha introdotto i Crimini contro l’ambiente, compresi i crimini dell’inquinamento ambientale e disastro ambientale, nel codice penale italiano, dall’altro sono segnalate molte situazioni in cui l’inquinamento raggiunge proporzioni tali da essere lesivo dei diritti umani. Dispiace trovare il Veneto nominato assieme a situazioni come quelle della Terra dei Fuochi e dell’ILVA di Taranto, e crediamo che vi sia da parte della Giunta Regionale del Veneto una forte sottovalutazione delle due questioni citate nel Rapporto e che riguardano il Vento: i PFAS e i pesticidi per la zona del prosecco.” ha spiegato Stefano Dall’Agata.

Come aveva già segnalato Cristina Guarda riguardo ai PFAS: “Dal rapporto emerge inoltre che non tutti coloro che sono stati esposti sono stati messi nella condizione di verificare il livello di contaminazione, ad esempio chi è nato dopo il 2014 nelle zone interessate non ha avuto accesso allo screening.
In uno specifico paragrafo del rapporto il relatore non manca di evidenziare l’indubbia criticità circa le verifiche in ordine alla contaminazione degli alimenti. Il caso Miteni viene citato come esempio della mancata protezione all’esposizione nel nostro: Paese a sostanze tossiche.”

Prosegue Cristina Guarda: “Sono ancora amareggiata per il diniego fatto dal Consiglio Regionale del Veneto alla mia proposta di un’informativa sui PFAS rivolta ai cittadini, volta a introdurre nuove e più efficaci iniziative per diffondere maggiore conoscenza e buone pratiche sui Pfas tra la popolazione”

Continuano i due Candidati: “Si tratta di questioni che noi invece abbiamo affrontando da tempo, schierandoci con la popolazione interessata e che vive i disagi e le paure connesse ai possibili rischi per la salute dovuti all’esposizione di sostanze sicuramente nocive.La sostenibilità dei cicli produttivi non deve restare uno slogan, ma come per l’amianto può e deve richiedere la produzione di sostanze con un uso equivalente, ma prive (o che ne riducano fortemente) di impatto sulla salute delle popolazioni.
Per quanto riguarda l’agricoltura, noi sosteniamo da tempo un’agricoltura sostenibile e l’agricoltura biologica, e abbiamo inserito nel programma con cui ci presentiamo alle Elezioni, al punto 18 – L’Italia del mangiare sano: “la riduzione drastica dell’uso di pesticidi, fertilizzanti e antibiotici, maggiore spazio alla natura nei campi agricoli, aumento della superficie coltivata a biologico, misure che devono tradursi quanto prima in obiettivi vincolanti a livello europeo ed essere presenti nella revisione del Piano Strategico Nazionale per avviare una profonda e radicale conversione ecologica dell’agricoltura.”

“Chiediamo quindi alle cittadine e ai cittadini di dare sostegno alle nostre proposte e alla coerenza con cui abbiamo sempre sostenuto un diverso modello di sviluppo, e alla politica tutta di dismettere il comportamento da struzzi del mettere la testa sotto la sabbia per non vedere i problemi, e i cominciare invece ad affrontarli con serietà, competenza e onestà intellettuale.”