Fabbrica Treviso

Blog di Stefano Dall'Agata


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Facciamo vivere il fotovoltaico!

Sostegno a Vivian per una battaglia giusta a favore delle energie rinnovabili e contro il ritorno al nucleare

L’imprenditore del fotovoltaico Tiziano Vivian minaccia proteste eclatanti, dicendosi disponibile anche a darsi fuoco, se il governo andrà avanti nella scelta di chiudere di fatto l’industria del fotovoltaico. Vivian si dice non disponibile a lasciare senza lavoro le 120 famiglie legate ai dipendenti e all’indotto della sua azienda a Vedelago.

Sinistra Ecologia Libertà manifesta pieno sostegno alla battaglia dell’imprenditorie Tiziano Vivian, del gruppo Energia. La scelta del Governo di privilegiare il ritorno al nucleare, un’operazione costosissima che va a privilegiare alcuni precisi interessi, non solo è una bestemmia dal punto di vista ambientale, ma è una scelta di politica economica sbagliata, che danneggia in particolar modo quel tessuto di piccole e medie aziende che ha fatto e può ancora fare la ricchezza e lo sviluppo del nostro territorio.

Richiamiamo in particolare i sedicenti rappresentanti del territorio che siedono in parlamento, Luciano Dussin, Dozzo, Vallardi e gli altri, a dimostrare nei fatti e non solo a parole la capacità di difendere il nostro territorio e il tessuto produttivo che lo caratterizza.

Porteremo la battaglia dentro il consiglio provinciale e dentro i consigli comunali. E della lotta contro la cancellazione del fotovoltaico per far spazio agli interessi  legati al nucleare ne faremo uno dei punti della mobilitazione a favore del referendum per l’abolizione della legge che reintroduce il nucleare in Italia. Referendum che il ministro leghista Maroni vuole affossare fissando la data all’ultimo giorno utile, il 12 giugno, contando sull’astensionismo e sul bel tempo.

Attorno al fotovoltaico si è sviluppato un sistema produttivo che va incentivato a consolidarsi. Si tratta di una riqualificazione importante per il nostro sistema manifatturiero, che per non fare la competizione al ribasso sul costo del lavoro con i paesi più poveri deve essere in grado di produrre valore aggiunto, qualità e innovazione.

L’obiettivo del Governo di affossare le energie rinnovabili nel nostro Paese con il conseguente danno economico alle imprese e il danno sociale per la creazione di nuovi disoccupati è funzionale all’obiettivo di spostare risorse economiche verso il nucleare soprattutto alla vigilia dello svolgimento del referendum.

I dati diffusi su presunti 20 miliardi di Euro dati alle rinnovabili sono assolutamente falsi, nelle audizioni alle Camere il governo ha esplicitamente ricordato i conti del 2010 ovvero che a fronte di un complesso di incentivi di 4,7 miliardi sono stati destinati alle rinnovabili intese come Fotovoltaico e Eolico meno di 1 mld.

Il decreto legislativo del Governo fissa il limite di potenza incentivabile, per il fotovoltaico, a 8.000 MW, e la fine, raggiunta tale soglia, di qualsiasi tipo d’incentivo. Per tutti anche per i piccoli e piccolissimi impianti familiari e aziendali.
Non più la discussione su impianti che rubano terra all’agricoltura ma la fine di TUTTI gli incentivi. Il decreto poi contiene norme che erano già state denunciate da molti gruppi politici nelle aule parlamentari quali  la conferma del divieto di installare a terra impianti fotovoltaici sopra 1 MW, la riduzione retroattiva del 30% degli incentivi all’eolico, il meccanismo delle aste al ribasso per l’aggiudicazione d’impianti di potenza superiore a 5 MW, lo stop ai regolamenti edilizi comunali e alle leggi regionali che sostengono le rinnovabili nell’edilizia.

Il limite di 8.000 MW  che solo alcuni anni fa appariva immenso ora è un obiettivo notevolmente modesto, ricordando, per esempio, che la sola Germania ha posto il target a 52mila megawatt, di cui 18 già adesso installati e che nel ridurre o bloccare gli incentivi si è mossa dando tempi alle imprese di riorganizzare i propri obbiettivi , di ampliare la loro offerta e di internazionalizzarsi.

Verso gli incentivi si dovrebbe procedere con una progressiva riduzione proporzionalmente al calo dei costi d’installazione delle rinnovabili e solo quando raggiunta la “grid parity” (ovvero l’equivalenza del costo, per il consumatore finale, di un kilowatt di energia fotovoltaica con un kilowatt prodotto da fonti convenzionali), le misure incentivanti potrebbero essere definitivamente abrogate.

il taglio retroattivo del 30% agli incentivi per l’eolico va contro la stessa Unione Europea, che ha stabilito il divieto di introdurre misure retroattive per non togliere certezze agli investimenti già effettuati o programmati nel settore.
Inserire il meccanismo delle aste al ribasso per gli impianti oltre i 5 megawatt diminuisce le garanzie contro le infiltrazioni del malaffare, che sono state la foglia di fico con cui è partita la caccia alle rinnovabili.
Il risultato è che  sarà impossibile per il nostro Paese centrare gli obiettivi europei del 2020 ostacolando l’importante occasione di sviluppo di filiere industriali in Italia e la creazione di decine di migliaia di nuovi posti di lavoro, oltre a quelli già creati fino ad oggi (oltre centoventimila) che rischiano di scomparire in pochi mesi.

I costi per bollette italiane non sono certo da addebitarsi allo sviluppo delle rinnovabili, bensì agli incentivi che negli anni e tuttora sono devoluti per le c.d. “assimilabili”, le fonti fossili e per l’eredità dell’avventura nucleare, oltre a tutta una serie di costi impropri che sottraggano a cittadini e imprese oltre 4 miliardi di € all’anno, nel 2010 su 5,7 mld di € di incentivi del cosiddetto cip6 solo 800 mln sono andati al solare e all’eolico.

Il  rapporto dell’UNEP (programma Onu per l’Ambiente) spiega che investire circa l’1,25% del Pil globale ogni anno nell’efficienza energetica e nelle fonti rinnovabili potrebbe tagliare la domanda di energia del 9% nel 2010 e quasi del 40% entro il 2050, riducendo così in modo rilevante le preoccupazioni sulla sicurezza dell’energia, l’inquinamento e, non da ultimo, per i cambiamenti climatici catastrofici.

Quindicimila famiglie rischiano di perdere in pochi mesi il posto di lavoro, un indotto che occupa altre 100.000 persone sarà colpito. E’ un prezzo altissimo, in termini sociali ed economici, che verrà pagato da uno dei pochissimi settori produttivi non colpiti dalla crisi e da un numero importante di lavoratori e famiglie.

In queste condizioni un’industria nascente è condannata a morte prima ancora di essere diventata pienamente adulta. Se nell’arco di pochi giorni non si riuscirà a introdurre dei correttivi, il fotovoltaico rischia una Caporetto, con ripercussioni molto pesanti sia in termini occupazionali che di credibilità del sistema Paese. Mentre gli Stati Uniti di Obama, pur in presenza di un taglio delle spese pubbliche molto robusto, mantengono saldo il timone verso lo sviluppo delle rinnovabili, l’Italia rischia un nuovo tracollo dopo quello degli anni Ottanta.

Non è abbastanza promuovere l’ambiente e la salute di noi tutti, generare ricchezza e dare lavoro a oltre 15.000 addetti diretti e fino a 100.000 indiretti, offrire l’opportunità a oltre 160.000 famiglie di diventare indipendenti energeticamente? Quali interessi si vogliono davvero tutelare? Chi sono i poteri forti che stanno eliminando ad una ad una tutte le rinnovabili? Prima l’eolico, oggi il fotovoltaico. Che destino attende un paese che distrugge sistematicamente le proprie opportunità di sviluppo?

Luca De Marco

Stefano Dall’Agata

Sinistra Ecologia Libertà